Coinvolgere i ragazzi della scuola secondaria superiore in un’avventura a cavallo tra scrittura creativa, tecnologia e intertestualità: questa la proposta lanciata da Amazon a 58 scuole del piacentino e delle province limitrofe con il progetto Kaizen, un termine giapponese che indica il miglioramento continuo – e che, per gli studenti, è diventato rapidamente il nome in codice di un concorso letterario. Una sfida volta a stimolare gli oltre 7.500 ragazzi che hanno preso parte all’iniziativa, e provenienti principalmente da scuole con orientamento tecnico o professionale, richiamandoli ai piaceri gemelli della lettura e della scrittura.
La scrittura è uno stile di vita
Una tecnoavventura
Emily Dickinson scriveva che non esiste altro vascello paragonabile ad un libro per trasportarci in terre lontane. E la scrittura è stata proprio la navicella, forse stavolta spaziale, che i ragazzi hanno utilizzato per esplorare il mondo delle opportunità, presenti e future, offerte dalla tecnologia per migliorare (kaizen, per l’appunto) la qualità della nostra vita quotidiana.
Da soli, ma anche in gruppo. Con elaborati collettivi o collezioni di storie. Partendo da esperienze personali o immaginandosi nei panni degli altri. Sbrigliando la fantasia, ma anche dialogando a tu per tu con autori classici come Natalia Ginzburg o Shakespeare. Per iscritto, sì, ma strizzando l’occhio alla carta, allo schermo, alla fotografia, alla grafica, giocando con i formati: l’incursione narrativa dei ragazzi, tutti fra i 13 e i 18 anni, è stata un’esperienza sfaccettata, divertente e un po’ sopra le righe rispetto ai normali programmi scolastici – e che, forse proprio per la sua originalità, è riuscita ad incuriosire anche i meno interessati alle materie letterarie.
Uno stile di vita, un modo per sfogarsi, per divertirsi o per esprimere se stessi quando la comunicazione faccia a faccia non lo consente: così gli studenti hanno definito il proprio rapporto con la scrittura. “L’aspetto più bello di questa competizione è stata la dimensione creativa. Lasciando ai ragazzi la libertà di esprimersi sono emerse delle idee molto fantasiose,” ha affermato la professoressa Chiara Beccari dell’Istituto Tecnico Pacioli di Crema.
Una giuria composta da rappresentanti delle autorità locali e di Amazon, un giornalista e un autore, ha avuto l’arduo incarico di selezionare fra oltre 200 elaborati di ottima qualità i tre scritti vincitori. Le tre classi vincenti sono state premiate presso il Centro di Distribuzione Amazon di Castel San Giovanni (PC) con un carico di lettori Kindle da utilizzare in classe e buoni regali per l’acquisto di eBooks: un modo ulteriore per far incontrare le nuove tecnologie, già conosciute ed apprezzate dai ragazzi, con il mondo della scuola e delle attività didattiche. Gli studenti hanno anche avuto modo di visitare il centro logistico e scoprire processi e attività dietro le quinte dei ‘clic’ dell’eCommerce: “Amazon è una grande realtà locale per noi, e penso che ci sia tanta curiosità da parte dei ragazzi,” ha commentato Marina Avanzini, insegnante del Liceo Respighi di Piacenza.
Il racconto che ha conquistato il primo premio è L’eternità in uno sguardo di Alessia Saracista, dell’Istituto Pacioli di Crema.
L’eternità in uno sguardo
Migliaia, anzi, milioni di volte Andrew si era chiesto perché fosse capitato proprio a lui, ma non era riuscito a trovare una risposta. Insopportabile era la sensazione di impotenza che lo trafiggeva; nulla avrebbe potuto fermare il tempo o addirittura cambiare il passato. Purtroppo non dipendeva da alcun essere umano, solo dal destino. Una terribile tortura aveva pian piano capovolto le sue abitudini; gli aveva portato via la normalità, gli aveva impedito i movimenti, arrivando a paralizzare ogni arto
Non era stata una conseguenza improvvisa: da quando gli avevano diagnosticato la Sla, erano trascorsi sette anni. Sette lunghi anni per imparare a conviverci, nonostante non ci si possa mai abituare. Subì un drastico mutamento, non poteva più considerarsi il ragazzo ingenuo e immaturo di una volta. Solo una cosa in lui si mantenne integra, una passione celata nel cuore, forse l’unica forza che segretamente lo mantenesse in vita: la scrittura.
Adorava leggere qualsiasi genere di libro e fin da piccolo il suo sogno nel cassetto era diventare uno scrittore, per trasmettere l’amore che lui stesso nutriva per l’universo letterario. Era affascinato dall’abilità con cui i suoi autori preferiti erano in grado di coinvolgere il lettore, trasportandolo in un meraviglioso mondo di carta e inchiostro, pagine e parole. L’immaginazione non gli era mai mancata e scrisse diversi racconti, ogni sorta di storie, incoraggiato dal desiderio di arrivare a pubblicarne uno. A discapito delle occasioni che si prospettavano, bastò un tentativo fallito a fargli perdere la fiducia in se stesso, ma nonostante la speranza si fosse alleviata, la volontà rimaneva salda dentro di lui.
Tra le lenzuola di quel letto imparò a concentrarsi su ogni singolo attimo: trascorreva le giornate con lo sguardo verso il soffitto bianco. Ai vecchi amici che sovente gli facevano visita per compassione, rivolgeva un’espressione apparentemente compiaciuta. Cercava di arrivare alla finestra con gli unici organi che si ostinavano a non tradirlo: gli occhi. Sapeva di poter contare su una persona in particolare, sua sorella Serena non gli aveva mai voltato le spalle e non si fece impressionare dalla malattia, non lo trattò mai diversamente. Lo conosceva alla perfezione, dopo un’infanzia condivisa e un’adolescenza affrontata mano nella mano. Tra i due non erano ammessi misteri.
Fu soprattutto una sua idea a far rinascere Andrew. Con l’appoggio dei medici e sicura che il fratello avrebbe apprezzato la novità, si armò di documentazioni, incontrò specialisti, consultò innumerevoli siti internet, abbandonò la sua quotidianità per dedicarsi a una possibile, seppur remota, opportunità. Inutile descrivere lo stupore di Andrew quando venne a conoscenza del progetto: frutto di un software open source, permetteva a chi si trovasse in condizioni di immobilità di comunicare attraverso il movimento oculare. Non gli era concesso di sorridere, ma dietro alla maschera che gli aveva rubato la mobilità facciale, si nascondevano lacrime di gioia e gratitudine.
Niente più barriere, niente più isolamento dal mondo, niente più buio perenne: finalmente anche lui sarebbe riuscito a comunicare e a farsi capire. Il kit di eyetracking consentiva di usare il computer per scrivere in una condizione di paralisi totale. Lo strumento chiave si chiamava "eyewriter": un dispositivo che si interfacciava a una microcamera posta su una montatura di occhiali. Un software dava alla telecamera l’ordine di seguire gli spostamenti della pupilla e infine, un altro software interpretava i movimenti e li trasformava in lettere. Il progresso della tecnologia restituì ad Andrew la fiducia perduta: quel meraviglioso e speciale meccanismo rappresentava tutto ciò di cui avesse bisogno.
All’inizio non fu semplice. Dovette fare molta pratica prima di controllare il proprio sguardo al fine di scrivere sul monitor, ma persuaso dal sogno ancora ardente nel profondo, non si arrese. Cominciò con poche parole, poi frasi e infine pagine intere. L’intenzione era quella di portare a termine l’obbiettivo di una vita: scrivere un libro. Questa volta però fu diverso: non si inventò la trama, perché decise di raccontare di sé, delle sue esperienze, di quello che il fato gli tolse ma che la tecnologia gli regalò. Serena restò al suo fianco, gli diede consigli e pareri, fece parte della storia e della sua realizzazione. Giorno dopo giorno, tra le difficoltà crescenti dovute alla malattia e la soddisfazione derivata dalla scrittura, l’impegno di Andrew non cessò, anzi, aumentò sempre più. Ormai giungere alla fine del suo libro equivaleva a un traguardo fondamentale. Lottò, ce la mise tutta.
L’ultima pagina di quel libro non rappresentò l’ultima pagina della sua vita, bensì l’inizio di una nuova realtà, fatta di racconti straordinari, di parole lievi che sollevavano la sua esistenza e quella degli altri con il potere del talento. Il suo nome era Andrew, il giovane che scriveva con gli occhi.
Alessia Saracista, Istituto Pacioli, Crema