Elena Berselli, 33 anni, criniera e grinta da leonessa, ha una grande passione: la montagna. “Una maestra di vita: non ci si scherza, bisogna partire preparati. D’estate, sui sentieri, anche con il sole non si può dimenticare la giacca, mentre d’inverno, sulle piste, bisogna avere le gambe allenate prima di affrontare le discese: non si passa dal divano agli sci.” Una lezione ad alta quota che Elena applica anche nella vita quotidiana, ad altitudini diverse, in ufficio o in smart working. Senior Product Manager ad Amazon, ricorda perfettamente la sua prima volta nella sede di Milano per i colloqui, un anno e mezzo fa: “Ero emozionata, ma anche tranquilla perché non si trattava di un ‘appuntamento al buio’: l’azienda mi aveva dato tutti gli strumenti per preparami al meglio.”
Primo impatto: informale
“Era un lunedì, ricordo che indossavo un paio di pantaloni semplici, camicetta e cardigan. Non il tailleur, la mia divisa ‘standard’ da colloquio di lavoro.” La mail di convocazione infatti suggeriva un abbigliamento informale. “Pur essendo un dettaglio, è stata la prima, bella, sorpresa. Ho capito che qui le cose funzionano in modo differente.”
Elena viene convocata per il colloquio in sede, o meglio: i colloqui, al plurale. “La selezione è un processo condiviso, che non si limita all’approccio individuale con un interlocutore. Nel mio caso, i colloqui sono stati cinque, ognuno con una diversa figura professionale, magari non coinvolta in quello che sarebbe diventato il mio settore specifico, ma già esperta in un ruolo simile. È un aspetto che rassicura: fare più colloqui garantisce una grande oggettività.”
Elena non nasconde che la giornata è stata molto intensa: “Per me, e per chi era dall’altra parte della scrivania a fare le domande: la sfida è trovare il meglio, e per questo l’azienda mette in campo tantissime energie. Ho apprezzato questo approccio meticoloso, efficiente. Mi sono detta: questo potrebbe essere il mio posto.”
Rossella, a caccia di talenti
Così è stato. Elena entra nella squadra di Amazon, una squadra che Rossella Vaglietti, 36 anni, recruiter, ha contribuito a formare negli anni. “Dal 2013, ho assunto circa 500 persone. Mi vuole bene un sacco di gente da queste parti,” scherza. E molte ancora gliene vorranno, perché le assunzioni sono proseguite anche durate l’emergenza COVID-19, e Amazon prevede di creare oltre 1600 nuovi posti di lavoro in Italia nel 2020.
“Nel rispetto delle nuove regole, la pandemia non ci ha fermato,” spiega Rossella, “abbiamo adattato i nostri processi per garantire la sicurezza di tutti. Abbiamo immediatamente spostato tutti i colloqui con i candidati in modalità virtuale, svolgendoli da remoto attraverso videochiamate, grazie a un’app dedicata, Chime: è cambiata la forma, ma non il contenuto.”
Non sono cambiati nemmeno il sorriso aperto di Rossella e il suo tono di voce, perfetto sia per leggere le favole al suo bimbo, Leonardo, sia per mettere a proprio agio, anche da uno schermo, i candidati. Ma lei preferisce la parola talent, talento. “È più calzante, contiene in sé il concetto di capacità: durante il processo di selezione, non cerchiamo persone che abbiano già ricoperto quel ruolo x, ma vogliamo capire il potenziale di ognuno. Per farlo, testiamo i candidati sui principi di leadership, i pilastri della nostra cultura aziendale, che funzionano come una bussola per guidare l'attività quotidiana e le decisioni di ogni dipendente.”
I principi di leadership
Questi principi, 14 in tutto, vanno dal concetto di Customer Obsession (Ossessione per il cliente), ovvero il ‘chiodo fisso’ di accontentare e anzi anticipare i desideri del cliente, a quello di Invent and Simplify (Inventare e semplificare), che sottolinea come i veri leader cerchino sempre soluzioni alternative per innovare e semplificare le metodologie di lavoro senza fermarsi di fronte alla frase: ‘Non è mai stato fatto prima’.
“I principi sono spiegati sul nostro sito, invitiamo tutti i convocati a familiarizzare con essi. Ogni intervistatore valuterà il talent su due dei principi, facendo domande sulle sue passate esperienze. Lo scopo non è tanto capire cosa la persona farebbe teoricamente, se si trovasse in una data situazione, ma cosa abbia fatto concretamente nel corso della sua esperienza e su cosa basi le proprie decisioni.”
“Vogliamo far emergere ciò che c’è di positivo e unico in ognuno,” continua Rossella, che in proposito ha tantissimi aneddoti. Come quello del ragazzo, chiamato per un colloquio mentre era al mare, che ha scelto di presentarsi in sede direttamente dall’aeroporto, valigia in mano e bermuda. “Voto: 10. Perché ha rispecchiato in pieno uno dei nostri principi, Bias for Action (Inclinazione ad agire).” Per la serie: chi ha tempo non aspetti tempo.
Altra peculiarità di Amazon nella selezione dei talenti è che il processo non è il classico imbuto con una rosa di candidati che va restringendosi nelle diverse fasi di colloquio, finché ne resta uno solo. “Procediamo come i cercatori d’oro,” spiega Rossella. “Armati di setaccio, continuiamo a filtrare finché non troviamo le nostre pepite.” Fuor di metafora: “Valutiamo tutti quelli che ci mandano il curriculum, anche mentre i colloqui sono in corso. Finché la posizione resta aperta, continuiamo. La persona giusta? Possiamo trovarla al primo tentativo oppure dopo mesi e mesi di ricerche. I talenti, poi, non sono in competizione tra loro, ma con chi è già in azienda: devono essere più bravi delle persone che abbiamo già assunto.”
Il bar raiser: come un direttore d’orchestra
Al termine dei colloqui, gli esaminatori si riuniscono per la valutazione finale, in cui si mettono a confronto i resoconti scritti sul candidato e si prende una decisione collegiale. Un ruolo speciale in questa fase ce l’ha il bar raiser. “Una figura unica, una specie di direttore d’orchestra di tutto il processo di assunzione,” chiarisce Federico Finzi, 47 anni, Legal Director di Amazon Italia e Turchia e bar raiser da quattro anni, dopo un training di svariati mesi.
“Raising the bar,” spiega Federico, “è un’espressione inglese che significa alzare l’asticella. Il bar raiser ha il compito di assicurarsi che venga selezionato un candidato che sia migliore del 50% delle persone che già lavorano in azienda,” spiega.
Il bar raiser è sempre una persona esterna al team che sta assumendo: “Proprio questo gli conferisce maggiore obiettività: non ha fretta di assumere un candidato solo per coprire la posizione, ma cerca la persona più giusta sia per il ruolo che per Amazon in generale.” Soprattutto in una prospettiva di lungo termine: “Una delle domande che il bar raiser pone all’hiring manager è: questa persona ha potenziale di crescita? Tra due anni, dove la vedi?” Federico ha fatto proprio il concetto di raising the bar anche nella vita privata. “Sono un ex sedentario amante della buona cucina, e quindi sovrappeso, che si è convertito alla corsa. Ho cominciato con pochi chilometri, ma alzando progressivamente l’asticella sono arrivato a fare due mezze maratone. Ora punto alla maratona!”
In vetta, allenandosi
Elena, nel frattempo, è passata dall’altro lato della scrivania, da intervistata a intervistatrice. “Questo passaggio ha confermato ciò che ho pensato fin dal mio primo colloquio: l’intero processo è uno straordinario esercizio di riflessione sul proprio percorso professionale e personale. Ti aiuta ad osservarti e a crescere.” Consigli per i candidati? Essenziali: “Raccogliere quante più informazioni possibili e studiare i principi di leadership.” Le sfide, a qualsiasi altitudine, si affrontano con la preparazione.